Storia familiare e prevenzione personalizzata
- Gruppo Sadel

- 6 giorni fa
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Una storia familiare di tumore al seno – ad esempio avere madre, sorella o altre parenti strette che hanno avuto questa malattia – è un importante fattore di rischio da tenere in considerazione. Si stima che circa il 15-20% dei tumori mammari rientri nella categoria “familiare”, ossia casi che compaiono in famiglie con più di un membro colpito, pur senza necessariamente individuare una mutazione genetica ereditaria specifica. Inoltre un 5-10% dei tumori al seno è di tipo ereditario, dovuto a mutazioni genetiche trasmesse (come quelle sui geni BRCA1 e BRCA2, ma anche PALB2, TP53, PTEN e altri). In presenza di una storia familiare significativa, è fondamentale attuare una prevenzione personalizzata, cioè su misura del rischio aumentato di quella persona.
Cosa significa “familiarità” e “ereditarietà”? La familiarità indica che in una famiglia vi è un numero di casi di tumore al seno superiore all’atteso, ma non è detto che ci sia un singolo gene difettoso identificabile che si trasmette; possono contribuire fattori genetici poligenici minori condivisi, stili di vita simili o puramente caso. L’ereditarietà invece indica la presenza di una mutazione genetica ben definita che si trasmette dai genitori ai figli, conferendo un rischio molto elevato. Ad esempio, le donne portatrici di mutazioni patogenetiche in BRCA1 hanno fino al ~70% di rischio di sviluppare un carcinoma mammario entro i 70 anni di età, e un aumento anche per tumore ovarico; con BRCA2 il rischio seno è intorno al 40-60%. Questi numeri sono enormemente più alti rispetto al ~12% di rischio base di una donna nella popolazione generale. Ecco perché identificare queste situazioni cambia l’approccio preventivo.
Cosa fare se si ha una forte storia familiare? In presenza di parenti di primo grado (madre, sorella, figlia) colpiti da tumore mammario – soprattutto se diagnosticati in giovane età (<50 anni), o se ci sono più casi su più generazioni, o se sono presenti anche tumori ovarici nella famiglia, o ancora tumori del seno in uomini – è consigliabile rivolgersi a un centro di consulenza genetica oncologica. Qui, genetisti e oncologi valutano l’albero genealogico, l’età di insorgenza dei tumori nei familiari, e stabiliscono se la storia è suggestiva di sindrome ereditaria (come la sindrome BRCA) e se è appropriato eseguire un test genetico. I criteri includono ad esempio: due o più parenti stretti con tumore al seno sotto i 50 anni; un parente uomo con carcinoma mammario; casi di carcinoma ovarico (che spesso è legato a BRCA); origine etnica a rischio (come ebrei Ashkenazi). Se i criteri si verificano, viene proposta l’analisi dei geni principali associati al rischio (oggi con i pannelli multigene si possono cercare BRCA1/2 e altri geni predisponenti).
Se viene individuata una mutazione genetica predisponente, allora la persona (chiamiamola “portatrice sana” finché non ha la malattia) entra in un programma di prevenzione intensiva e personalizzata. Nel caso di mutazione BRCA, ad esempio, in Italia esistono protocolli dedicati: la donna portatrice viene seguita con controlli clinico-strumentali più ravvicinati rispetto al normale. In particolare, secondo le linee guida, per le donne con mutazione BRCA1 o BRCA2 si raccomanda di iniziare la sorveglianza già attorno ai 25 anni di età, con una visita senologica e un’RM mammaria annuale con mezzo di contrasto come esame principale. La risonanza magnetica mammaria è molto sensibile nel rilevare tumori in donne giovani con ghiandole mammarie dense, ed è più efficace della sola mammografia in queste situazioni di rischio elevato. Spesso si alterna la Risonanza con la mammografia (eventualmente integrata con tomosintesi) e l’ecografia: ad esempio, molte Breast Unit fanno RM annuale + mammografia annuale (spaziate di 6 mesi l’una dall’altra), così da avere un controllo ogni 6 mesi con un metodo differente. Questi programmi speciali di screening ad alto rischio sono attivi in varie regioni (dal 2012 in poi molte regioni italiane li hanno implementati). Inoltre, la donna portatrice riceve raccomandazioni personalizzate in termini di prevenzione: per esempio, potrebbe valutare insieme ai medici l’opportunità di una chirurgia profilattica. Nei casi di mutazione BRCA, infatti, esiste l’opzione della mastectomia preventiva bilaterale (rimozione chirurgica preventiva di entrambe le ghiandole mammarie) per abbattere drasticamente il rischio di sviluppare il tumore (riducendolo di oltre il 90%). È una scelta molto personale e drastica, che alcune donne fanno – soprattutto se hanno visto molte parenti ammalarsi – mentre altre preferiscono la sorveglianza stretta e poi curare l’eventuale tumore se comparirà. Allo stesso modo, per il rischio ovarico elevato connesso a BRCA si propone spesso l’ovariectomia profilattica dopo aver avuto i figli, attorno ai 35-40 anni, perché per l’ovaio non abbiamo efficacia di screening paragonabile. Queste misure rientrano nella “prevenzione personalizzata” in senso estremo (prevenzione chirurgica), riservate a chi ha rischi altissimi.

Se invece la storia familiare è positiva ma non viene trovata alcuna mutazione specifica (come succede in molti casi di famiglie con due-tre casi ma test genetici negativi), come ci si comporta? In genere, si considera comunque la donna come a rischio moderatamente aumentato rispetto alla popolazione generale. Ciò significa che, pur senza un gene identificato, quella persona potrebbe avere una combinazione di fattori genetici ed ambientali che la predispongono. Spesso in queste situazioni i medici anticipano l’inizio dei controlli: ad esempio, se una donna ha madre e zia con tumore al seno a 45 anni, potrebbe iniziare mammografie e risonanze qualche anno prima dei 50 canonici (magari a 40 anni). Una regola spesso adottata è: cominciare i controlli circa 10 anni prima dell’età del caso più giovane in famiglia. Dunque se la madre ha avuto il carcinoma a 42 anni, la figlia inizierà verso i 32 anni con ecografie annuali e magari risonanza ogni 1-2 anni, per poi introdurre la mammografia intorno ai 35-40 con cadenza annuale. Non c’è un protocollo unico, viene modulato sul singolo individuo. Può essere utile in questi casi calcolare il risk score con modelli matematici (come il modello IBIS o BOADICEA) che integrano numero di parenti colpiti, età, eventuali biopsie mammarie pregresse, densità mammografica, etc., per stimare la percentuale di rischio a 10 o 30 anni. Se il rischio calcolato supera una certa soglia (ad esempio >20% a vita), è considerata fascia “alto rischio” e i controlli intensivi sono giustificati.
La prevenzione personalizzata in chi ha forte familiarità non è solo diagnosi precoce: include anche la prevenzione primaria mirata. Ad esempio, a una donna con madre e sorella malate, il medico insisterà particolarmente su fattori come il controllo del peso, la dieta sana, l’esercizio fisico, l’astensione dal fumo e l’alcol, perché in chi ha già un rischio genetico di base, eliminare i fattori di rischio aggiuntivi diventa ancor più importante. Si potrebbe valutare anche la chemioprevenzione farmacologica: esistono farmaci come il tamoxifene o il raloxifene (e altri più nuovi come exemestane, anastrozolo) che, assunti a basse dosi per alcuni anni, riducono l’incidenza di tumore al seno in donne ad alto rischio fino al 40-50%. Questa è chiamata prevenzione farmacologica: non è molto diffusa in Italia, ma per alcune donne con familiarità (soprattutto se non vogliono o non possono fare chirurgia profilattica) può essere un’opzione. Naturalmente comporta effetti collaterali, per cui va valutato attentamente il rapporto rischio-beneficio individuale. Ad esempio tamoxifene può dare vampate, piccoli rischi di trombosi e tumore endometriale (rari), quindi si riserva a rischi davvero elevati.
Il ruolo del medico di famiglia e delle Breast Unit: come visto nella sezione sul medico di base, quest’ultimo svolge un compito importante nell’individuare chi ha una storia familiare meritevole di approfondimento e nel rinviarla agli specialisti. Oggi in molte città esistono ambulatori dedicati proprio ai soggetti ad alto rischio. Ad esempio, LILT Milano offre il servizio “SenoRisk" per valutare il rischio personalizzato e predisporre piani su misura. Nelle Breast Unit ospedaliere, oltre ai chirurghi e oncologi, spesso operano genetisti e psiconcologi per accompagnare le famiglie con predisposizione: si parla di medicina “previttativa” (che anticipa la malattia prima che insorga).
Da sottolineare: avere una forte familiarità per tumore al seno non significa con certezza che ci si ammalerà. Moltissime donne con familiari malati non svilupperanno il cancro, soprattutto se non vi sono mutazioni note e se adottano stili di vita sani. L’approccio personalizzato serve a ridurre al minimo il rischio residuo e a stanare il tumore sul nascere qualora si presentasse. Con queste misure, anche chi purtroppo sviluppa un carcinoma ha ottime chance di diagnosticarlo precocissimo e guarire. Un esempio è il caso delle attrici Angelina Jolie (mutazione BRCA1) o Christina Applegate (BRCA1): la Jolie ha scelto la mastectomia preventiva, abbattendo il rischio e verosimilmente non avrà mai il tumore; la Applegate invece ha scoperto il suo tumore in fase iniziale grazie allo screening intensivo e si è curata con successo, poi ha fatto profilassi controlaterale. Questi casi celebri hanno anche contribuito ad aumentare la consapevolezza sul tema.
In conclusione, conoscere la propria storia familiare è fondamentale per attuare la prevenzione più adatta. Ogni donna dovrebbe riferire al proprio medico l’eventuale presenza di tumori al seno (o ovarici) in famiglia: è un’informazione preziosa. In base a quella, oggi possiamo mettere in atto strumenti efficaci – dai test genetici allo screening anticipato – per proteggere le persone a rischio. La prevenzione personalizzata significa che non tutte seguiamo lo stesso calendario, ma chi ha più rischio viene controllato di più e prima. Questo approccio sta già salvando molte vite, permettendo di anticipare di anni diagnosi che altrimenti sarebbero arrivate tardi. La “familiarità” non è un destino immutabile, ma un campanello da ascoltare per giocare d’anticipo.




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