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Le diverse tipologie di tumore al seno

  • Immagine del redattore: Gruppo Sadel
    Gruppo Sadel
  • 16 ott
  • Tempo di lettura: 5 min

Quando si parla di “tumore al seno” in realtà si fa riferimento a un insieme eterogeneo di malattie. Non esiste un unico tipo di carcinoma mammario: ne esistono diversi, classificati in base a caratteristiche istologiche (cioè il tipo di cellule da cui hanno origine) e biologiche. Conoscere le principali tipologie aiuta a capire che non tutti i tumori al seno sono uguali: alcuni hanno andamento più aggressivo, altri più lento; alcuni rispondono a determinate terapie ormonali, altri no. Questa diversità spiega perché il trattamento viene personalizzato caso per caso.


Tipologie istologiche principali: La maggior parte dei tumori del seno sono dei carcinomi, cioè tumori originati dal tessuto epiteliale della ghiandola mammaria. Tra questi, il più comune in assoluto (circa 70-80% dei casi) è il carcinoma duttale infiltrante. Si sviluppa dalle cellule che rivestono i dotti galattofori (i canalini che portano il latte al capezzolo). Si definisce “infiltrante” (o invasivo) quando le cellule maligne hanno superato la parete del dotto e invaso il tessuto circostante del seno, acquisendo potenzialmente la capacità di diffondersi ad altri organi. Il carcinoma duttale infiltrante è anche chiamato “carcinoma non specifico” perché rappresenta la forma standard più frequente. Un altro tipo relativamente comune è il carcinoma lobulare infiltrante, , che origina dalle cellule dei lobuli (le unità ghiandolari che producono il latte). Il carcinoma lobulare rappresenta circa il 10-15% dei tumori mammari ed è peculiare perché a volte può comparire in più punti del seno simultaneamente o colpire entrambi i seni (multicentricità o bilateralità). Istologicamente esistono poi varianti più rare di carcinoma mammario invasivo, come: il carcinoma tubulare, cribriforme, mucinoso e papillare, che complessivamente costituiscono una piccola quota (ognuno intorno al 2% dei casi).

Queste forme tendono spesso ad avere prognosi abbastanza favorevole. Un capitolo a parte è il carcinoma infiammatorio della mammella, forma rara e aggressiva (1-3% dei casi) in cui il seno si presenta arrossato, gonfio e caldo, simulando una mastite: è causato da cellule tumorali che ostruiscono i vasi linfatici cutanei. C’è poi la malattia di Paget del capezzolo, anch’essa rara, in cui il tumore interessa l’areola-capezzolo dando lesioni simili a eczema. Infine, esistono tumori del seno non di tipo carcinoma, ancora più rari, come i sarcomi mammari (originati dal tessuto connettivo) o i linfomi del seno: rappresentano meno dell’1% delle neoplasie mammarie.



Accanto ai tumori invasivi, va menzionata una forma particolare: il carcinoma in situ. Il più comune è il carcinoma duttale in situ (DCIS), in cui le cellule tumorali sono limitate all’interno del dotto e non hanno ancora invaso i tessuti circostanti. Si stima che circa il 15-20% delle diagnosi di tumore del seno siano carcinomi in situ. Il carcinoma in situ non è un cancro invasivo, ma viene considerato una lesione precancerosa: può evolvere in un carcinoma infiltrante nel tempo se non trattato. La prognosi del carcinoma in situ è eccellente (la guarigione è quasi certa con un trattamento adeguato, di solito chirurgico). Un’altra lesione non invasiva è il carcinoma lobulare in situ (LCIS), che però viene spesso considerato più un indicatore di rischio aumentato di sviluppare un carcinoma invasivo in futuro, più che un vero tumore da trattare in sé. In generale, scoprire lesioni in situ è positivo perché significa intervenire prima che il cancro diventi aggressivo.


Tipologie in base ai recettori (sottotipi biologici): Oltre all’origine istologica, i tumori al seno vengono caratterizzati analizzando alcuni marcatori biologici presenti sulle cellule tumorali. In particolare, si valutano i recettori ormonali (per estrogeni e progesterone) e la proteina HER2. In base a queste caratteristiche, si distinguono quattro sottotipi molecolari principali:


  • Luminal A: tumore ER/PgR positivo (ovvero con recettori ormonali per estrogeni e/o progesterone) e HER2 negativo, con una bassa attività proliferativa (indice Ki-67 basso). È un sottotipo dal comportamento relativamente meno aggressivo, spesso responsivo alle terapie ormonali (come il tamoxifene o gli inibitori dell’aromatasi).

  • Luminal B: anche questo con recettori ormonali positivi, ma può essere HER2 positivo o negativo e presenta un indice proliferativo più alto. È leggermente più aggressivo del Luminal A, ma beneficia comunque delle terapie ormonali; se HER2-positivo, si giova anche dei farmaci anti-HER2.

  • HER2-positivo (non luminal): tumore con HER2 sovraespresso (forte positività) e recettori ormonali assenti. Questo tipo in passato era molto aggressivo, ma oggi disponiamo di terapie mirate anti-HER2 (come trastuzumab e altri) che hanno migliorato drasticamente la prognosi. Circa il 15-20% dei carcinomi mammari appartengono a questa categoria.

  • Triplo negativo: tumore privo di recettori (ER e PgR negativi, e HER2 non espresso). Rappresenta circa il 10-15% dei casi e tende ad avere andamento più aggressivo. Non potendo usare né ormonoterapia né farmaci anti-HER2, le cure si basano prevalentemente su chemioterapia (e, in alcuni casi, immunoterapia). È un sottotipo che spesso colpisce donne più giovani e può associarsi a mutazioni genetiche (ad es. BRCA1).

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Questa classificazione biologica è molto importante perché orienta la terapia: ad esempio, un tumore luminale risponderà bene ai farmaci anti-estrogeni, un HER2+ beneficerà degli anticorpi anti-HER2, mentre un triplo negativo richiederà da subito la chemioterapia. I sottotipi biologici influenzano anche la prognosi: in generale i luminali hanno prognosi migliore a lungo termine (soprattutto il luminal A), mentre i triplo negativi e alcuni HER2+ (se non trattati) possono essere più insidiosi. Fortunatamente, con le terapie attuali anche i tipi aggressivi possono spesso essere controllati efficacemente.


Cosa comporta avere tipi diversi di carcinoma mammario? Comporta che il percorso terapeutico e le prospettive possano variare molto. Ad esempio, un piccolo carcinoma duttale in situ localizzato può essere trattato solo con chirurgia conservativa e radioterapia, ed è virtualmente guarito. Un carcinoma duttale infiltrante HER2+ di 2 cm richiederà chirurgia, più forse chemio e terapia mirata, con ottime probabilità di successo. Un carcinoma lobulare, tendendo a essere multifocale, potrebbe richiedere mastectomia più spesso. Un tumore triplo negativo di pari dimensioni potrebbe necessitare di chemoterapia più intensiva poiché non esistono terapie bersaglio specifiche, ma se scoperto presto comunque si può guarire. In sintesi, la tipologia di tumore al seno influenza sia la strategia terapeutica che la prognosi. Per questo, dopo la biopsia, il patologo fornisce un dettagliato profilo istologico e molecolare del tumore: sapere se è duttale o lobulare, se è luminal o HER2, consente all’oncologo di personalizzare la cura (chirurgia più o meno estesa, necessità di chemio, ormonoterapia, farmaci biologici, etc.).


Infine, parlando di familiarità: alcuni tipi istologici possono essere più frequenti in presenza di mutazioni ereditarie. Ad esempio, nelle donne portatrici di mutazione BRCA1 è più comune il sottotipo triplo negativo; con BRCA2 prevalgono luminali. Ma indipendentemente da questo, ogni tumore va considerato nella sua individualità.

In conclusione, “tumore al seno” è un termine ombrello che racchiude diverse malattie. Le principali distinzioni riguardano: tumori non invasivi vs. invasivi, origine duttale vs. lobulare e sottotipo biologico (recettori). Questa complessità può sembrare tecnica, ma ha risvolti pratici fondamentali: consente ai medici di scegliere il trattamento migliore per ogni paziente e di prevedere in modo più accurato il decorso della malattia. La buona notizia è che, per la stragrande maggioranza di queste tipologie (specialmente se diagnosticate in tempo), oggi esistono terapie efficaci. Con un approccio personalizzato, si possono ottenere ottimi risultati anche nei sottotipi più ostici, trasformando sempre più il tumore al seno in una malattia curabile o cronicizzabile.

 
 
 

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