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L’importanza dello screening mammografico

  • Immagine del redattore: Gruppo Sadel
    Gruppo Sadel
  • 16 ott
  • Tempo di lettura: 2 min

Lo screening mammografico è uno strumento fondamentale nella lotta contro il tumore al seno. Grazie alla mammografia periodica, infatti, molti tumori vengono diagnosticati in fase precoce, quando le possibilità di guarigione sono maggiori. Ciò si è tradotto, negli ultimi decenni, in una significativa riduzione della mortalità per cancro al seno e in un aumento della sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi.



La mammografia è un esame radiologico del seno (a basso dosaggio di radiazioni) in grado di individuare noduli o micro-calcificazioni sospette anche di pochi millimetri, non ancora palpabili. Durante l’esame, il seno viene compresso delicatamente per pochi secondi tra due piastre, così da ottenere un’immagine chiara del tessuto mammario. Fare screening significa ripetere questo esame a intervalli regolari in una popolazione asintomatica, allo scopo di scoprire eventuali tumori quando sono ancora molto piccoli. Numerosi studi confermano che l’adesione ai programmi di screening riduce in modo significativo la mortalità per tumore al seno: si stima una diminuzione di circa il 40% dei decessi tra le donne che effettuano regolarmente la mammografia di screening.

La diagnosi precoce spesso permette infatti interventi meno invasivi e cure più efficaci.

In Italia lo screening mammografico è offerto gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale. Le linee guida prevedono l’invito attivo di tutte le donne di età compresa tra 50 e 69 anni a eseguire una mammografia ogni 2 anni.


In questa fascia d’età si concentra la maggior parte dei tumori della mammella. In alcune Regioni il programma è stato esteso anche alle donne più giovani (45-49 anni, con cadenza annuale) e alle più anziane (fino a 74 anni, con cadenza biennale) in linea con le raccomandazioni europee. Ciò significa che, a seconda della Regione, una donna potrebbe essere invitata allo screening già a partire dai 45 anni e continuare fino ai 74.

L’importanza dello screening mammografico risiede nel fatto che molti tumori del seno, nelle fasi iniziali, non causano alcun sintomo. Senza mammografia, possono passare anni prima che un tumore diventi palpabile o si manifesti clinicamente. Lo screening colma questo “silenzio” della malattia, consentendo di scoprirla in anticipo. Diagnosticare un carcinoma in stadio iniziale significa poter intervenire tempestivamente e con terapie meno aggressive, con tassi di guarigione nettamente superiori rispetto a quando il tumore viene scoperto in fase avanzata.


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È essenziale che tutte le donne nelle fasce d’età raccomandate aderiscano con fiducia allo screening mammografico. L’esame è rapido (dura pochi minuti) e, pur potendo risultare un po’ fastidioso per la compressione del seno, si tratta di un disagio momentaneo a fronte di un enorme beneficio in termini di salute. I programmi di screening seguono procedure di qualità rigorose per garantire la massima affidabilità. In caso di esito normale, la donna sarà semplicemente invitata al controllo successivo dopo due anni. Se invece la mammografia evidenzia un’anomalia, la paziente viene richiamata per esami di approfondimento (ad esempio un’ulteriore mammografia, un’ecografia o un prelievo citologico) allo scopo di verificare la natura della lesione.


Nella maggior parte dei casi l’anomalia risulterà benigna; qualora, invece, si diagnostichi un tumore, si potrà intervenire subito – spesso con un intervento chirurgico conservativo – aumentando le probabilità di successo del trattamento.

In conclusione, lo screening mammografico salva vite. Grazie ad esso, oggi circa 9 donne su 10 vivono ancora a 5 anni dalla diagnosi e 8 su 10 a 10 anni.

 
 
 

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