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  • Immagine del redattoreGruppo Sadel

Uomini e trapianto ai capelli

I capelli non sono un accessorio secondario. Ci definiscono ancora più di altre caratteristiche corporee perché possiamo scegliere come acconciarli e cambiarne l’aspetto in maniera radicale, non a caso ce ne serviamo per «dichiarare» le nostre idee e l’appartenenza a gruppi sociali, politici, religiosi. Pochi si rassegnano a perderli e così, oltre ai farmaci e alle altre terapie messe a punto per contrastare la caduta, in tanti pensano al trapianto per risolvere una volta per tutte una calvizie più o meno accentuata. Oggi si può dire che i risultati siano molto più soddisfacenti rispetto al passato, quando le tecniche erano complesse, ben più invasive di adesso e comportavano tempi di recupero lunghi.

La tecnica «Il metodo più diffuso prevede di trasferire follicoli dalle zone in cui si trovano quelli più resistenti all’azione degli androgeni, per esempio la nuca, alle aree dove c’è il diradamento», spiega Piero Tesauro, presidente della Società Italiana di Tricologia. I follicoli vengono raccolti con strumenti in grado di recuperarne uno alla volta, così che non si apprezzi alcun cambiamento nella zona dell’espianto; quindi vengono selezionati, conservati in modo che non degenerino e reimpiantati in maniera altrettanto puntuale direttamente sul cuoio capelluto, in modo da rendere il risultato naturale e favorire anche l’attecchimento del follicolo. Nel giro di un paio di mesi i nuovi capelli cadono, ma è del tutto normale perché sono indeboliti per lo stress chirurgico; quel che conta è che i follicoli ricominceranno presto a produrre nuovi capelli, con una ricrescita graduale che in media comincia tre o quattro mesi dopo l’intervento.


Follicoli più resistenti agli androgeni L’elemento positivo dell’autotrapianto è che si innestano follicoli più resistenti agli androgeni: «Questi ormoni, in chi è predisposto, non consentono al capello di terminare il suo ciclo di vita normale, per cui pian piano i nuovi che nascono da un follicolo sensibile agli androgeni sono più sottili e fragili: se i capelli sono di oltre il 20 per cento più piccoli della norma si può fare diagnosi di alopecia androgenetica», specifica Tesauro.


I limiti Il trapianto può essere una soluzione per questi pazienti proprio perché i nuovi capelli saranno più forti; tuttavia, come sottolinea l’esperto, non è per forza la scelta migliore: «Tanti pazienti con calvizie lo chiedono, ma non sempre è opportuno farlo. Intanto, i capelli non sono infiniti e non possono essere “traslocati” a piacimento: bisogna per esempio valutarne il numero nelle aree donatrici, ricordando che si può prenderne da queste zone solo il 15, 20 per cento. Poi conta l’età del paziente, perché le calvizie spesso non sono stabili e c’è il rischio di iniziare una catena di interventi che poi lasciano insoddisfatti dei risultati: fare il trapianto alla prima stempiatura in chi magari non arriva a trent’anni, è una tentazione per molti ma è un errore, perché spesso il risultato non dura a lungo.

Sotto i 30 anni Nei giovani può essere meglio pensare ad altre opzioni, dalle terapie mediche ai prodotti cosmetici per far apparire i capelli rimasti più folti e belli: non bisogna essere frettolosi nello scegliere l’autotrapianto, è una strada da affrontare in casi selezionati e soltanto se si è ben consapevoli di che cosa ci si può aspettare».

Risultati solo dopo sei mesi La fretta infatti va messa da parte anche se ci si sottopone all’intervento: i nuovi capelli in media sono ben visibili dopo sei mesi, per l’effetto più o meno finale si aspetta un anno. «Con i capelli serve pazienza, occorre tempo perché crescano», dice il tricologo. «Il paziente però va rassicurato e monitorato: un buon trattamento prevede controlli regolari in cui il dermatologo documenta i progressi, facendo vedere il ripopolamento di aree ben definite e come queste cambiano aspetto mese dopo mese. È importante per tranquillizzare i pazienti, che invece dopo l’autotrapianto vorrebbero veder risolta in un attimo la calvizie nella zona dove i capelli sono più sparuti».

In futuro Chissà, forse in futuro sarà sufficiente utilizzare le cellule staminali dei follicoli per riavere una chioma folta, con trapianti ancora più semplici: lo suggerisce una ricerca della Columbia University di New York per la quale è stato messo a punto un supporto a base di cellule epiteliali e mesenchimali arricchito di collagene, in grado di far crescere le staminali dei follicoli dando una gran quantità di capelli a partire da un numero limitato di cellule. Ciò in futuro potrebbe permettere di rinfoltire le chiome anche a partire da pochi follicoli, per dare una speranza anche a chi ha aree donatrici meno ricche.

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