La sindrome da stanchezza cronica, chiamata anche CF S(acronimo diChronic Fatigue Syndrome) è stata definita nel 1994 una sindrome caratterizzata dastanchezza e affaticamento cronici e da un quadro vago che spesso viene confuso con altre patologie. La sindrome si presenta principalmente in individui giovani o di mezza età, con una netta prevalenza nelle donne; anche i bambini possono soffrirne, soprattutto gli adolescenti sopra i 12 anni. Molto raramente, invece, insorge nei soggetti di età avanzata.
Chi soffre di CFS si sente stanchissimo ed esaurito e questo stato di estrema spossatezza rende difficile azioni quotidiane che prima erano semplici e naturali, come vestirsi, pettinarsi, lavarsi, lavorare, parlare, mangiare. La caratteristica chiave di questa patologia è che la fatica non scompare e non migliora con il riposo e il sonno, ma può, invece, aumentare quando ci si muove o si effettua qualsiasi tipo di sforzo, anche mentale.
L’eziologia della CFS è al momento sconosciuta, anche se L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la inserisce tra i disturbi del sistema nervoso. L’eziologia dubbia non agevola la diagnosi, che spesso diventa lunga e difficile e può durare anni; questo avviene soprattutto perché la stanchezza è un sintomo comune di numerose patologie. La CFS ha dei punti in comune con la fibromialgia, ma differisce da quest’ultima che presenta una sintomatologia dolorosa dominante e primaria rispetto all’astenia, segno distintivo della sindrome da stanchezza cronica.
Nonostante l’eziologia dubbia, nell’insorgenza della sindrome sono stati identificati dei fattori predisponenti. Infatti, in molti casi, la patologia compare in seguito ad un’infezione come un raffreddore o un’influenza intestinale; una causa molto comune è il contagio e lo sviluppo del virus Epstein-Barr (quello della mononucleosi infettiva) o il Citomegalovirus. La correlazione tra presenza di infezioni virali e sviluppo della stanchezza cronica fa sospettare un forte legame con determinati virus, anche se non si evidenzia alcuna connessione certa. Ciò che, invece, stimola un’analisi accurata è l’identificazione del momento in cui la patologia si presenta attraverso la riattivazione di virus latenti e silenziosi negli anni.
Molti pazienti, senza saperlo, aiutano il medico a capire ad identificare una causa scatenante quando associano l’inizio dell’evento patologico ad un periodo di forte stress oppure in seguito ad un lutto, ad un intervento chirurgico importante o dopo malattie debilitanti. Anche gli squilibri ormonali hanno un ruolo importante: molti soggetti che accusano stanchezza cronica, hanno delle anomalie nei livelli degli ormoni che vengono prodotti nell’ipofisi, nell’ipotalamo e nelle ghiandole surrenali.
La difficile diagnosi di questa patologia ha subito numerosi passi avanti soprattutto grazie all’individuazione di una sintomatologia specifica. L’esordio può essere lento e graduale o improvviso: in entrambi i casi, per essere diagnosticata, la fatica cronica deve durare per almeno sei mesi. In quasi tutti i pazienti, la sensazione iniziale che sfocia successivamente nella patologia, è quella di avere un’influenza che, tuttavia, non decresce e non passa, come avviene in tutte le normali sindromi influenzali.
A parte l’estrema stanchezza, che persiste per più di 24 ore, peggiora con gli sforzi fisici e mentali e non migliora con il sonno i principali sintomi della CFS sono: difficoltà di memoria e concentrazione; dolori muscolari e articolari senza arrossamenti o gonfiori; mal di testa diverso dalle forme solite o più acuto; dolori ai linfonodi del collo e delle ascelle; faringite e mal di gola cronici.
I sintomi della CFS possono variare molto da soggetto a soggetto, anche nel grado di gravità. Oltre alla sintomatologia tipica della malattia, il paziente può accusare altri disturbi, meno netti e anch’essi comuni a molte patologie; ma nella maggior parte delle diagnosi di CFS sembrano essere spesso compresenti. Tra questi i più frequenti sono i disturbi visivi (offuscamento della vista, dolore agli occhi, fotofobia), brividi e sudorazione notturna, febbricola persistente o, al contrario, temperatura corporea estremamente bassa, intolleranza a determinati suoni o odori, a cibi, farmaci e sostanze chimiche, intorpidimento, formicolio e dolore diffuso a muscoli e articolazioni, bruciore al volto, alle mani e ai piedi, debolezza muscolare, spasmi involontari, ritmo del sonno alterato (sonno non ristoratore), tachicardia, nausea, colon irritabile, respiro affannoso, disfunzioni della vescica, pallore, vertigini, problemi di equilibrio, svenimenti. Molto diffusi sono i sintomi di tipo percettivo e sensoriale come confusione, instabilità spaziale e disorientamento, difficoltà di messa a fuoco, incapacità di coordinamento motorio, sensazione di testa vuota.
I numerosi studi che si sono susseguiti nel tempo per inquadrare al meglio la patologia hanno evidenziato un’importante associazione tra i sintomi organici e quelli psichici. Spesso la sindrome da stanchezza cronica porta con sé numerosi segni psicologici come ansia, irritabilità, sbalzi d’umore, attacchi di panico, depressione. È arduo stabilire quando tali sintomi siano causa o effetto della malattia; le ricerche hanno evidenziato che il disagio psicologico e il forte stress possono coesistere come causa e conseguenza della malattia.
Chi è affetto da CFS, manifesta sintomi che la maggior parte delle volte non sono evidenti: per questo motivo amici, familiari e persone vicine al paziente non comprendono le difficoltà e le sfide che il soggetto deve affrontare ogni giorno. Le complicazioni emotive che possono nascere dalla sindrome sono principalmente legate alla condizione di isolamento sociale, alle continue limitazioni delle attività quotidiane e alle numerose assenze dal lavoro imposte al soggetto dalla convivenza con una malattia cronica. In particolare, lo stato depressivo e la tristezza sono, da un lato, sintomi che compaiono in seguito allo sviluppo della CFS e, dall’altro, ne sono spesso la causa.
La difficoltà di individuare le cause della sindrome da stanchezza cronica fa sì che non vi siano terapie definite per il suo trattamento; sono comunque allo studio alcuni trattamenti farmacologici e in alcuni casi possono tornare utili sia la fisioterapia che la psicoterapia .
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