Il disturbo da stress post-traumatico, contrariamente a quanto si possa pensare, non interessa solo reduci da guerre e sopravvissuti a disastri.
Di cosa si tratta
Il disturbo da stress post-traumatico è una forma di disagio mentale che insorge in soggetti che hanno vissuto o assistito a un evento traumatico.
Fu Freud che iniziò a studiarlo in pazienti affetti da isteria. Ma fu solo dall’attenta osservazione dei reduci da guerre che venne identificato per la prima volta, tanto da assumere il nome di “nevrosi da guerra”. Fu poi definitivamente spiegato in seguito all’osservazione dei sopravvissuti alla Guerra del Vietnam, venendo classificato tra i disturbi mentali ufficiali, nel 1980, nella prima edizione del Manuale diagnostico e statistico.
Secondo alcuni studi, effettuati su diverse aree del cervello, gli individui affetti da disturbo da stress post-traumatico producono livelli anomali di ormoni coinvolti nella risposta allo stress e alla paura.
Secondo il National Institute of Mental Health (NIMH) americano, il sintomo tipico di questo disturbo consiste nel rivivere ripetutamente l’esperienza traumatizzante sotto forma di flashback, ricordi, incubi o in occasione di anniversari e commemorazioni.
Il disturbo da stress post-traumatico nella gente comune
Oggi il disturbo da stress post-traumatico è diventato molto più frequente di quanto si possa pensare. Ricerche epidemiologiche, pubblicate di recente, rivelano che non è un’esclusiva dei soli veterani di guerra e sopravvissuti a catastrofi, ma appartiene piuttosto alla vita comune, come riportano nuovi studi: i maggiori individui a soffrire di questa patologia sono gli anziani, persone che hanno avuto attacchi di cuore, e donne malate di carcinoma mammario o che hanno subito violenza. È proprio tra le vittime di stupro che si evidenzia la più alta percentuale di insorgenza del disturbo da stress post-traumatico.
Da una metanalisi di 24 studi diversi si è addirittura scoperto che individui colpiti da attacco cardiaco, che hanno poi sviluppato un disturbo da stress post-traumatico, corrono un maggior rischio rispetto agli altri di andare incontro a un nuovo infarto, i cui sintomi sono detti “sintomi intrusivi” e si manifestano in due modi diversi:
- attraverso ricordi intensi dell’attacco, come se stesse succedendo nuovamente
- attraverso assenza di ricordo, anche se il ricordo in realtà c’è, inconsciamente, e riemerge con improvvisi flash-back e incubi notturni.
La terapia
Dal punto di vista clinico può essere trattato in più modi, poiché rientra nella classe generale dei disturbi d’ansia generalmente curati con la psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Innanzitutto bisogna aiutare il paziente a identificare e controllare i pensieri e le convinzioni negative relativi all’evento traumatico vissuto.
Tra le tecniche utilizzate ci sono: l’esposizione, il rilassamento e la respirazione addominale, la ristrutturazione cognitiva e la desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari (Eye movement desensitisation and reprocessing).
A volte, però, diventa necessario il trattamento farmacologico: in genere si utilizzano antidepressivi che singolarmente non sono mai risolutivi, ma procurano solo un sollievo momentaneo dei sintomi. Per questo motivo si consiglia sempre di sottoporsi anche a sedute di psicoterapia individuale.
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